La Donazione Indiretta
Ai sensi dell’art. 769 c.c. la donazione è un contratto col quale, per spirito di liberalità, un soggetto arricchisce un altro. La donazione c.d. diretta ha la forma giuridica dell’atto pubblico che si realizza con l’obbligatoria presenza di due testimoni e, per produrre i suoi effetti, deve necessariamente essere accettato dalla parte beneficiaria, ovvero dal donatario; l’accettazione può essere espressa da questo nello stesso atto in cui è stata formulata la proposta dal donante oppure in un momento successivo, in quest’ultimo caso la donazione si perfeziona nel momento in cui l’atto di accettazione è notificato al donante e fino a quel momento la donazione o l’accettazione possono essere revocate.
La donazione può avere ad oggetto sia un diritto reale su un bene materiale o immateriale (come brevetti, preesistente diritto di credito verso terzi), sia l’assunzione di un’obbligazione del donante verso il donatario; nel primo caso si tratta di un contratto a effetti reali e nel secondo caso di un contratto a effetti obbligatori. I beni futuri non possono essere oggetto della donazione, ciò per garantire una maggior tutela al donante; inoltre la giurisprudenza considera inammissibile il contratto preliminare di donazione poiché non garantisce lo spirito di liberalità tipico dell’istituto in oggetto.
L’elemento soggettivo della donazione è l’animus donandi, ovvero la volontà di un soggetto di arricchire un altro senza che ne sia costretto moralmente o giuridicamente; secondo la giurisprudenza prevalente questo elemento costituisce la causa della donazione e pertanto la sua mancanza determina la nullità dell’atto ex art. 1418 c.c..
Nonostante il codice civile preveda una certa solennità per la realizzazione della donazione, la giurisprudenza, in molteplici occasioni, ha ritenuto possibile individuare la causa di liberalità anche in atti diversi, detti “donazioni indirette”, che non hanno la forma dell’atto pubblico.
Lo stesso codice sancisce espressamente che sia possibile raggiungere i medesimi risultati ottenuti con la donazione, cioè avvantaggiare patrimonialmente il beneficiario senza che vi sia una prestazione economicamente valutabile verso il disponente, con forme differenti rispetto a quella contrattuale; infatti, l’art. 809 c.c., descrive le liberalità non donative.
Nella prassi però non è facile distinguere tra donazioni dirette o indirette; la giurisprudenza, di volta in volta, ha ricondotto nell’ambito di quest’ultime molteplici fattispecie, quali ad esempio: la rinuncia di un diritto al fine di avvantaggiare un terzo, la remissione del debito, il contratto a favore del terzo, la donazione di una somma di denaro per l’acquisto di un dato immobile, l’intestazione di beni in nome altrui, la cointestazione del conto corrente bancario, il trust ed altre ipotesi.
Nel 2017 le Sezioni Unite si sono pronunciate in merito all’ipotesi del bancogiro del conto di un soggetto a quello di un altro considerando tale operazione come una donazione diretta poiché il soggetto terzo, nel caso di specie la banca, non ha un ruolo incisivo ma è un mero esecutore dell’ordine impartito dal titolare del conto e il passaggio della ricchezza avviene direttamente dal disponente al beneficiario; per tali ragioni non vi è una vera e propria intermediazione giuridica come invece accade nelle donazioni indirette e, pertanto, è necessaria, a pena di nullità, la forma dell’atto pubblico.
Recentemente la Corte di Cassazione nella sentenza del n. 6450 del 2019 ha considerato essere donazioni indirette solo quelle concernenti la dazione di una somma di denaro da parte di un soggetto, di solito il genitore, ad un altro soggetto, il figlio, per l’acquisto di un bene immobile predeterminato. La donazione indiretta sussiste, infatti, quando il denaro è il mezzo utilizzato per l’acquisto di un bene e quest’ultimo è il fine dell’atto di liberalità; al contrario si ha donazione diretta quando il denaro è sia l’oggetto della donazione sia il fine perseguito dal donante.
Dott.ssa Monica Bova