Il procedimento dell’adozione

in Diritto di Famiglia

Si intende per adozione legittimante dei minori quell’adozione che inserisce definitivamente e irrevocabilmente nella famiglia di accoglienza il minore adottato come figlio legittimo.
Il presupposto che apre la strada alla possibilità di adozione di un minore è la dichiarazione del suo stato di abbandono, che giustifica la dichiarazione di adottabilità. Tale decisione giudiziale non è specificatamente oggetto di normazione da parte del legislatore, lasciando quindi al giudice il compito di accertarla nello specifico e conseguentemente dichiararla. In altre parole lo “stato di abbandono” è un concetto elastico, mutato nel tempo dalla giurisprudenza, che lo ha riempito di contenuti a seconda della diversa evoluzione sociale nella quale essa è stata chiamata ad intervenire. A partire dagli anni ‘60, la giurisprudenza di merito associava lo stato di abbandono al ricovero presso Istituti o Strutture Assistenziali di minori che venivano allontanati dalla famiglia natia. Successivamente il concetto di stato di abbandono si è esteso, ricomprendendovi non solo le condotte totalmente omissive dei genitori, ma anche le loro incapacità, cioè quando abbiano fatto mancare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo o aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo della personalità, anche a prescindere da una esplicita e manifesta volontà di allontanamento. “Per la sussistenza dello stato di abbandono (…) occorre la sussistenza di carenze materiali psicologiche ed affettive inemendabili, non dipendenti da cause transitorie, e di tale rilevanza da integrare una situazione di rischio grave e irreversibile suscettibile di impedire detto sviluppo. Tale situazione importa la rescissione del legame familiare come unico mezzo adatto ad evitare maggiori pregiudizi al minorenne.” (Cass. 11.426/2003) Figurano, quindi, idonei per decretare lo stato di abbandono di un minore problemi relativi alla malattia mentale dei genitori (ad esempio le psicosi), un loro grave stato di tossicodipendenza, condotte caratterizzate da persistenti esplosioni di violenza “Se da tali oggettivi elementi derivi un quid pluris che è dato dalle conseguenze pregiudizievoli che da tali circostanze siano derivate o possano derivare all’equilibrata e sana crescita del minore.” (Cass. 7.128/1997).
La dichiarazione dello stato di adottabilità, conseguente all’accertamento della situazione di privazione di assistenza morale e materiale, non ha carattere sanzionatorio di un comportamento del genitore che l’ordinamento considera illecito, perché è la posizione del minore che viene presa autonomamente in considerazione, non quella dell’adulto o quella del minore come riflesso della posizione dell’adulto.
Per quanto concerne l’età dell’adottando, la prima normativa in materia, la legge n. 431 del 1967, disponeva l’adottabilità di minori solo se “segnalati” dalle istituzioni preposte prima del compimento dell’ottavo anno. Ciò era motivato dal fatto che si riteneva possibile il pieno inserimento di un bambino in una nuova famiglia solo se attuato precocemente. Tale limite di età è stato abrogato con la riforma del 1983. Oggi la normativa vigente impone che a partire dal dodicesimo anno di età, o anche prima se capace di discernimento (artt 15 e 22 l.149/2001), il minore abbia il diritto all’ascolto nel procedimento di adottabilità. L’elevazione del limite di età dell’adottando, infatti, influisce selle modalità costitutive dell’adozione. Non basta che l’adottando si trovi in stato di abbandono (giudizialmente dichiarato) perché la legge esige dal minore un consapevole consenso o, comunque, una partecipazione attiva di fronte ad una decisione destinata a mutare il corso della sua vita quando costui sia capace di compiere scelte esistenziali, che è legittimato a prendere personalmente. L’audizione dei minori nelle procedure giudiziarie che li riguardano è divenuta comunque obbligatoria con l’art.6 della convenzione di Strasburgo del 1997, ratificata con la l.77/2003. Superati i 14 anni non basta l’ascolto, ma occorre il consenso che deve essere manifestato personalmente e direttamente al Giudice.
Così anche unitaria giurisprudenza “L’omesso ascolto del minore adottando, valutato capace di discernimento, determina la nullità del provvedimento decisorio. ” (Cass S.U. 14.609/2009)
Il primo requisito chiesto dalla legge alla famiglia sostitutiva è di essere una famiglia coniugale, composta cioè da una coppia di coniugi, con una vita matrimoniale pregressa di almeno cinque anni, oggi ridotta a tre in seguita alla riforma del 1983, che devono essere trascorsi senza separazioni personali. Al fine del conteggio dei tre anni valgono anche eventuali anni di convivenza more uxorio prematrimoniale che siano documentabili. La soluzione adottata dal legislatore nel riaffermare il valore giuridico del matrimonio quale prerequisito necessario affinché si proceda alla valutazione sulla idoneità in concreto della coppia che aspira all’adozione di un minore, intende privilegiare una prospettiva di stabilità nell’ambito del modello tradizionale di famiglia completa di un padre, una madre uniti in matrimonio.
La famiglia di fatto non può adottare. Anche la giurisprudenza Costituzionale sul punto si è rivelata categorica, sostenendo che “Il matrimonio è un primo ed indeclinabile presupposto e la solidità del rapporto fra i coniugi potrebbe risultare non solo da un determinato periodo minimo di convivenza matrimoniale, ma anche da un più lungo periodo anteriore caratterizzato da una stabile e completa comunione di vita che assuma poi col matrimonio forza vincolante”.(Corte Cost. 281/1994)
Per quanto concerne l’età degli adottanti, la norma vigente (art.6 c.2 l 184/1983 modificato l.149/01) pare limpida ma dalla considerazione della giurisprudenza sul punto emerge un sistema piuttosto complesso. La regola generale impone una differenza di età tra coniugi adottanti e adottando superiore ai 18 anni e inferiore ai 45. La prescrizione di un divario di età tra adottanti e adottando ha la funzione di offrire al minore genitori adottivi non troppo giovani, né troppo anziani, in modo che la famiglia degli affetti sia non dissimile nel divario generazionale da quello della famiglia del sangue, ed intende ribadire, anche sotto il profilo della differenza di età, l’esigenza di assicurare al minore l’inserimento in un nucleo familiare il più possibile idoneo a provvedere al suo allevamento.
Dopo i numerosi interventi della Corte Costituzionale (da ultima Corte Cost. 283/1999) si è stabilita l’esistenza di casi eccezionale in cui vi è la possibilità per il tribunale di derogare a tali limiti nell’interesse del minore, in tal caso la differenza massima di età fra il minore ed il coniuge adottante più anziano può arrivare fino a 55 anni. Nel caso in cui i coniugi adottanti abbiano già figli in età minore dell’adottando ogni limite di età è reso inefficace. Non vige nessun limite di età anche quando i coniugi abbiano già adottato un fratello o una sorella del minore adottando.
L’aspetto sostanzialmente fondamentale per addivenire ad una adozione sta nella capacità genitoriale adottiva, ovvero nell’essere effettivamente idonei e capaci di educare istruire e mantenere i minori che si intendono adottare. A tale compito di indagine è preposto il servizio sociale. Tale accertamento è svolto in maniera molto approfondita. Si andrà a valutare il temperamento, la soggettività e l’indole di ciascun coniuge, le loro capacità educative e genitoriali, la condivisa volontà di adottare un minore, la loro capacità di reazione a situazioni complesse. L’idoneità affettiva si risolve nella disponibilità all’accoglienza di un minore adottabile per quello che è e per quello che può divenire. La creazione di un legame genitoriale senza un fondamento biologico richiede infatti oltre alla capacità genitoriale ordinaria, l’accettazione piena del minore come persona: e quindi la capacità di accoglierlo come figlio senza però volerne cancellare la storia né il fatto storico della filiazione adottiva, rispettandone anzi l’identità culturale. In teoria nella nuova norma non sono indicate l’idoneità fisica e l’idoneità morale che però vengono di fatto valutate per garantire al minore adottando una collocazione idonea. Vi è vasta Giurisprudenza di merito sui requisiti fisici e morali che devono essere propri dei genitori adottanti, le eventuali patologie piuttosto che le precedenti condanne penali e distingue tra quali siano ideonee ad escludere l’idoneità e quali no.

Bibliografia

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• Legge n. 431/1867 
• Legge n. 184/1983 
• Legge n. 149/2001