Una professione che sta conoscendo una continua crescita nelle nostre città, di importazione americana, come testimonia anche il nome, è quella del personal trainer. Il personal trainer, in particolare, si differenzia della figura canonica dell’allenatore.
Tale figura, infatti, si caratterizza per essere una professione con bassissimi costi materiali, ma fortemente legata alla professionalità e alla capacità tecnica e personale dell’istruttore.
Per poter esercitare è necessario l’ottenimento di un attestato di riconoscimento rilasciato dalla FIPE (Federazione Italiana Pesistica, parte integrante del CONI) e si possiedono già le carte in regola per esercitare la professione, sia come dipendente che come libero professionista.
Detto ciò risulta piuttosto difficile l’inquadramento fiscale e contributivo di tale figura, in quanto, la principale e potenziale differenza rispetto agli altri lavoratori dell’ambito fitness sta nel fatto che non ha bisogno necessariamente di attrezzature, né macchine e nemmeno impianti sportivi per poter esercitare la professione.
Siamo, infatti dinnanzi ad una figura flessibile, che difficilmente riesce a trovare un suo spazio rispettando le ben distinte casistiche del nostro diritto del lavoro.
Dal punto di vista assicurativo, i personal trainer sono obbligati a sottoscrivere il relativo contratto con l’ex ENPAS (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza ai Lavoratori dello Spettacolo e dello sport), oggi confluito nell’INPS. Tale obbligo li accomuna con i più canonici allenatori, in quanto vincola tutti i lavoratori addetti ad impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, siano essi dipendenti, imprenditori o autonomi.
Il Personal trainer, però, come abbiamo anticipato, può lavorare anche fuori da questi luoghi finalizzati all’attività sportiva, può lavorare in luoghi pubblici, aperti al pubblico o persino in luoghi privati, direttamente al domicilio del cliente, che remunera la prestazione. In tutti questi ultimi casi specifici, dunque, la previdenza contributiva non rientra più nell’ex ENPAS, ma direttamente nella gestione separata dall’INPS.
Infine, se l’attività dovesse avere portata occasionale, la contribuzione all’INPS diventa necessaria solo in caso di superamento della soglia di €5.000 di introito derivante dall’attività lavorativa.