Scrivere messaggi ad un amico sulla propria attività lavorativa non completamente dichiarata al fisco può comportare rischi in attinenza ai controlli fiscali? Se c’è un controllo della GdF la nostra privacy come è garantita?
Da anni sui social media si rincorrono puntualmente notizie di come l’Agenzia delle Entrate abbia accesso alle banche dati WhatsApp, e, di conseguenza si ammoniscono i suoi fruitori (oramai WA è diventato il principale sistema di messaggistica istantanea per smatphone al mondo) a fare ben attenzione a quello che scrivono. Inoltre, mentre per le intercettazioni telefoniche il contenuto può essere poco chiaro, piuttosto che cifrato o addirittura può necessitare di un interprete, se i conversanti sono stranieri, WA essendo scritto, rende tutto più semplice, meno costoso e più immediato.
Ma ad oggi, dunque, la nostra Autorità pubblica ha accesso a questi sistemi informatici? E se così fosse, come fanno questi a garantire la nostra privacy?
La risposta è più complessa di un secco si, possono farlo, o no, gli è precluso.
L’accesso alle intercettazioni telefoniche, e sulla falsa riga anche per le chat di messaggistica, non è automatico, continuo e perpetuo. Al contrario, per avere il cellulare sotto controllo deve essere già in corso un’indagine dalla quale siano emersi gravi indizi di colpevolezza. A questo punto, se il Pubblico Ministero lo ritiene utile per proseguire le indagini e avere ulteriori mezzi di controllo sull’indiziato, può richiedere al Giudice per le Indagini Preliminari la possibilità di controllare il telefono dell’indagato, posizionare cimici per registrazioni ambientali nei posti da lui frequentati e simili.
L’accesso a tali mezzi personali, inoltre sarà limitato nel tempo.
In definitiva, per rispondere alla domanda da cui siamo partititi: la Guardia di Finanza controlla le nostre chat di WatsApp?
La risposta è: può farlo, ma mai in maniera generalizzata su tutti i cittadini. Il controllo non è continuo e fisso, ma solo temporale ed eventuale. E’ possibile, infatti, che vengano disposti controlli in caso di gravi ulteriori indizi emersi da una precedente indagine.
In definitiva, l’utente medio può assolutamente stare tranquillo: dietro i nostri messaggi non c’è un agente dedito a controllarli, un altro privilegio, troppo spesso sottovalutato, di vivere in una democrazia.