Nella maggior parte dei casi in cui i minori compiono reati, questi agiscono in gruppo. I dati aggiornai delle Procure italiane ci confermano che su tutti i casi in cui un minore entra in contatto con il sistema panale nazionale, solo nel 41% dei casi lo fa perché accusato di aver compiuto un reato da solo.
Le spiegazioni sono varie Innanzitutto va detto che i giovani adolescenti agiscono spesso in gruppo, quale luogo sano di crescita personale volto anche al distacco dall’influsso genitoriale, propedeutico all’età adulta. Al di là della benemerita funzione sociale del gruppo, pare innegabile anche la funzione potenzialmente deviante che esercita suoi membri. Nel gruppo si genera, infatti, una subcultura nella quale le leggi e le regole imposte dagli adulti non valgono più nulla, e, per cercare se stessi, spesso queste si ribaltano. Così si spiegano fenomeni quali il vandalismo, il bullismo ma anche il taglieggiamento del più debole. L’adolescenza è u n periodo della vita nel quale si mette in discussione tutto. Se la società ci dice di rispettare il prossimo e i beni degli altri, noi proviamo a fare l’opposto e vediamo cosa succede. Nel gruppo inoltre ci si sente protetti, accolti, compresi da figure che non giudicano, al contrario di molte famiglie di appartenenza.
I reati di cui si rendono responsabili i membri dei gruppi minorili sono quelli contro la persona o contro il patrimonio, e tra quelli più odiosi troviamo anche la violenza sessuale di gruppo.
Questo particolare delitto merita uno specifico approfondimento. Molto spesso viene compiuto contro altri minori, con vittime soprattutto di sesso femminile.
La dottoressa Saottini, esperta del settore, ritiene che la violenza sessuale di gruppo rappresenti un tentativo per i minorenni di condividere in gruppo l’esperienza di iniziazione alla sessualità. I ragazzi si sentirebbero precocemente spinti ad affrontare la sessualità, trasformando l’angoscia del primo contatto con una ragazza in una prova volta a dimostrare la propria virilità. Il motivo del perché il giovane maschio senta il bisogno di approcciarsi al sesso è dato da almeno tre motivi principali. Innanzitutto, la questione può essere spiegata con lo sconvolgimento ormonale tipico dell’età dello sviluppo adolescenziale. Altro motivo può essere ricondotto anche alla liberalizzazione del materiale pornografico, oggi disponibile persino sui cellulari o direttamente sui mass-media e, quindi, raggiungibile da chiunque, anche dai minori. Altro motivo potrebbe essere una generale impreparazione ad affrontare i temi sessuali da parte della famiglia, che molte volte preferisce non vedere e non parlare, aggirando così questioni che potrebbero risultare imbarazzanti. Alcuni minori, senza una guida, sono portati ad usare mezzi immediati e istintivi per affrontare la sessualità, mezzi come la coercizione fisica e la violenza, quasi sempre finalizzata all’appagamento di uno spirito di eccitazione e curiosità non adeguatamente preparato dai genitori. La vittima è ridotta psicologicamente a mero oggetto d’esercizio di una sessualità non integrata nella personalità, in cui l’eccitazione non si lega ai sentimenti.
Come nella maggior parte dei reati compiuti da minori in gruppo, a maggior ragione nei reati sessuali, gli aggressori sembrano quasi non accorgesi della gravità del loro gesto o, comunque, tendono sempre a sottovalutarla. I reati sessuali vengono considerati appartenenti ad una sfera di comportamenti che nulla hanno a che fare con la trasgressione della legge. Nella maggioranza dei casi gli aggressori e gli aggrediti già si conoscono prima del reato, hanno all’incirca la stessa età e rimangono entrambi traumatizzati dal fatto criminale stesso. Il gruppo fornisce una risposta al bisogno di sostegno e appoggio in tali pratiche sessuali. Il reo minorenne in un gruppo si sente più sicuro e forte; per questa ragione la violenza sessuale di gruppo è soprattutto compiuta da minori; gli adulti aggrediscono sessualmente non per curiosità o per vanto, ma per appagamento sessuale, per questo agiscono, per la maggior parte, individualmente.
La Saottini riferisce di un caso in cui era intervenuta nel processo come perito psicologico, fortemente paradigmatico di tutte le aggressioni sessuali di gruppo compiute da minori. Il caso concreto vedeva la presenza di 10 ragazzi, tutti minorenni, dotati di licenza media e iscritti alla scuola professionale edile tranne uno che aveva abbandonato gli studi ed era disoccupato. Le famiglie risultavano della classe media e solo una aveva avuto precedenti penali. La vittima era una coetanea compagna di classe di alcuni di questi ragazzi, ritenuta, dagli stessi giovani aggressori, una ragazza dai costumi sessuali particolarmente disinibiti. Una domenica pomeriggio, quattro di questi dieci ragazzi avevano caricato la ragazza in motorino e l’avevano portata in un parco isolato; per strada avevano incrociato degli altri amici e conoscenti che si erano aggregati. Dietro ad una siepe a bordo-strada la ragazza aveva avuto rapporti sessuali orali con tutti e 10 i ragazzi, uno dopo l’altro, che poi erano tornati a casa tenendo un atteggiamento assolutamente tranquillo, come non fosse successo nulla di particolarmente inconsueto. La denuncia era partita dalla madre della ragazza, alla quale questa aveva raccontato tutto una volta tornata a casa.
I ragazzi, arrestati, hanno raccontato subito alla dottoressa, in maniera concorde, che la vittima era assolutamente consenziente e che non aveva subito violenza, palesando un rozzo tentativo di deresponsabilizzazione e di disimpegno morale. Sostenevano, nella convinzione infantile di onnipotenza virile, che esistessero donne a disposizione del desiderio maschile al quale aderiscono passivamente. Alle domande più profonde della psicologa però, il gruppo cominciò a sfaldarsi. Se non c’era stata costrizione allora perché la giovane aveva accettato di avere rapporti con loro? Non per denaro, perché non l’avevano pagata. I giovani rispondevano che alla ragazza piaceva, ma, in realtà, non sapevano motivare come facessero a saperlo. Tutti concordarono che la vittima non era malata di mente. Nove su dieci degli aggressori affermavano che l’esperienza non era stata “piacevole”; quindi, convennero che, tanto meno, potevano essere sicuri che fosse piaciuto alla ragazza. Tutti affermarono che la vittima non poteva aver avuto rapporti con loro per paura, perché nessuno l’aveva né costretta con la forza né minacciata. I ragazzi, invece, erano terrorizzati dalla situazione che si era venuta a creare in conseguenza del loro atto: il processo, il carcere, i carabinieri, gli altri detenuti che avevano già incrociato. Avevano paura di ciò che sarebbe accaduto in seguito al loro gesto; eppure nessuno aveva minacciato i ragazzi, nessuno aveva fatto loro violenza. La vicenda processuale, sostiene l’Autrice, aveva ribaltato la situazione e gli aggressori stavano provando quella stessa paura del futuro inevitabile e paralizzante che aveva provato la loro vittima. Quando il leader del gruppo continuò a negare le responsabilità dei suoi, addossando la colpa alla vittima, i gregari del gruppo, ad un certo punto, cominciarono a negargli il loro sostegno. Si accorsero di aver sempre sopportato le sue più o meno esplicite prepotenze e che, forse, lo stesso aveva fatto la loro vittima. Inoltre, tutti gli aggressori sostennero di aver capito subito dopo l’atto sessuale di aver fatto qualcosa di sbagliato. Da ciò possiamo capire quanto sia complesso il problema.
Nella grande maggioranza dei casi, conclude l’Autrice, i comportamenti che tengono gli aggressori sessuali minorenni in gruppo sono gli stessi del caso analizzato e se i ragazzi dicono di non aver fatto nulla di male, in realtà sanno che c’è qualcosa di sbagliato nelle loro azioni, riuscendo con un attento lavoro di assistenza psicologica a superare il trauma ed a capire gli errori commessi.
Bibliografia
- R. SISTO, Adolescenza e sessualità: I primi rapporti sessuali e le relazioni problematiche, in Identità sessuale e progetti per l’educazione sessuale integrata, a cura di Jole Baldaro Verde, Marco Del Ry, Milano, 2004, Franco Angeli.
- S. ALLEGRO, C. DE PAOLI, G. MANCUSO, Abuso sessuale dei minori e nuovi media: spunti teoricopratici per gli operatori, 2012, studio pubblicato da Save the Children, finanziato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Dipartimento delle Pari Opportunità, dalla Commissione Europea, dal Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia sulla Rete Internet della Polizia Postale e delle Comunicazioni (C.N.C.P.O.), e dal Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l‟Abuso all’Infanzia (CISMAI).
- C. SAOTTINI, La funzione del gruppo per i ragazzi che commettono reati, in PSYCHOMEDIA anno I, 2001.
- E. CALVANESE, R. BIANCHETTI, La delinquenza minorile di gruppo: dati di una ricerca presso gli uffici giudiziari di Milano, in Cassazione Penale, 2005