La recente Sentenza n. 2075 del 19 gennaio 2024 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha finalmente chiarito l’interpretazione troppo ondivaga delle singole sezioni in materia di procura speciale per il ricorso in Cassazione. Questa decisione, si focalizza sulla natura della certificazione di procura alle liti da parte dell’avvocato e sui requisiti formali per la sua validità nel contesto del ricorso per cassazione.
Tradizionalmente, gli articoli 83, comma 3, e 365 del codice di procedura civile regolano la procura alle liti e il ricorso per cassazione. Queste disposizioni hanno sollevato dubbi interpretativi riguardo alla necessità di una contestualità temporale e spaziale tra la redazione della procura e del ricorso. La Sentenza n. 2075/2024 interviene su questa tematica, offrendo un’interpretazione innovativa e chiarificatrice.
In primo luogo, la Corte ha precisato che la certificazione della firma sulla procura alle liti da parte dell’avvocato non costituisce un’autenticazione in senso stretto, come previsto dall’art. 2703 c.c., bensì una forma di “autenticazione minore” o “vera di firma”. Questa ha il solo scopo di attestare l’appartenenza della firma alla persona indicata, senza l’obbligo per l’avvocato di identificare il soggetto conferente.
Inoltre, la Corte ha stabilito che, per l’ammissibilità del ricorso per cassazione, la procura deve essere necessariamente conferita tra la pubblicazione del provvedimento impugnato e la notificazione del ricorso. La novità rilevante è che la procura si considera “apposta in calce” al ricorso anche se redatta su un foglio separato, purché vi sia una “congiunzione materiale” tra i due documenti. Questa operazione di “collocazione topografica”, effettuata dall’avvocato, crea una relazione fisica tra la procura e il ricorso, soddisfacendo così il requisito della procura speciale.
Questa sentenza implica un’importante semplificazione nella gestione delle procure speciali per cassazione. Non è più necessario che la procura sia redatta in contemporanea o in stretta prossimità temporale al ricorso, purché sia fisicamente congiunta a quest’ultimo. Tale interpretazione facilita le procedure per gli avvocati, garantendo al contempo la sicurezza giuridica necessaria nelle procedure di impugnazione.
La Sentenza n. 2075/2024 rappresenta un significativo passo avanti nella chiarezza interpretativa e nella funzionalità pratica del diritto processuale civile. Con questa pronuncia, le Sezioni Unite hanno fornito un chiarimento fondamentale che armonizza le esigenze di certezza del diritto con quelle di praticità e accessibilità della giustizia.
Fonte: Corte di Cassazione, Sentenza n. 2075 del 19/01/2024.