L’uso delle tecnologie digitali ha rivoluzionato il modo in cui comunichiamo e concludiamo accordi, anche in ambito condominiale. Sempre più spesso, assemblee e decisioni comuni vengono discusse tramite gruppi WhatsApp o altre piattaforme di messaggistica istantanea. Ma fino a che punto queste comunicazioni possono avere valore giuridico, in particolare per manifestare un consenso vincolante?
Una recente ordinanza del Tribunale di Bologna del 16 febbraio 2025 (RG 5634/2024) ha affrontato la questione, stabilendo che un messaggio inviato su una chat condominiale può costituire prova sufficiente di un consenso espresso, con conseguenze rilevanti per il diritto di possesso e le modifiche alle parti comuni.
Il caso sottoposto al giudice riguardava una controversia tra due condomini in merito all’installazione di una struttura in ferro in un cortile condominiale.
La proprietaria di un appartamento al primo piano lamentava la perdita del proprio diritto di veduta in appiombo, in violazione dell’art. 907 c.c. (che impone una distanza minima di 3 metri tra nuove costruzioni e vedute preesistenti). Tuttavia, gli installatori della struttura avevano precedentemente inviato sulla chat condominiale WhatsApp:
- Una dettagliata descrizione tecnica dell’opera;
- Fotografie che ne illustravano il posizionamento.
A fronte di queste informazioni, la ricorrente aveva risposto con un messaggio:
«Mi sembra una ottima idea *simbolo del pollice in su*»
Successivamente, però, aveva sostenuto di non aver compreso l’esatta collocazione della struttura e di essere stata spogliata del possesso del proprio diritto di veduta.
Il Tribunale di Bologna ha rigettato il ricorso, evidenziando due aspetti fondamentali:
- Chiarezza della comunicazione → Il messaggio contenente il progetto della struttura era sufficientemente dettagliato da permettere alla ricorrente di comprendere l’impatto dell’intervento.
- Validità del consenso espresso tramite WhatsApp → Il messaggio «Mi sembra una ottima idea *simbolo del pollice in su*» è stato interpretato come un’accettazione consapevole, escludendo la possibilità di fraintendimento.
Punto chiave: il giudice ha affermato che gli strumenti di messaggistica istantanea possono costituire un valido mezzo di prova per dimostrare l’esistenza di un accordo e che l’uso di emoji può rafforzare il significato del consenso espresso in forma testuale.
L’ordinanza bolognese si inserisce in un filone giurisprudenziale che ha già riconosciuto valore probatorio alle comunicazioni elettroniche in vari ambiti:
- Cass. pen., n. 49016/2017 → Ha stabilito che le chat WhatsApp possono costituire mezzi di prova validi nel processo penale, purché ne sia garantita l’autenticità.
- Cass. civ., n. 19155/2019 → Ha riconosciuto valore di prova ai messaggi WhatsApp nell’ambito lavorativo, a condizione che non siano stati manipolati.
- Trib. Cagliari, sent. 15 aprile 2021 → Ha ammesso le chat WhatsApp come prova per dimostrare un accordo contrattuale.
Questi precedenti confermano che le comunicazioni digitali possono essere equiparate alle dichiarazioni tradizionali, se accompagnate da elementi idonei a garantirne la genuinità.
La decisione del Tribunale di Bologna solleva importanti questioni su come interpretare il consenso espresso via chat in ambito condominiale. Perché un messaggio WhatsApp abbia valore probatorio, è fondamentale che:
Il contenuto sia chiaro e dettagliato → Un semplice “OK” potrebbe essere ambiguo, ma un messaggio che esprima approvazione rispetto a un progetto ben descritto assume maggiore rilevanza.
Sia dimostrabile che il messaggio provenga effettivamente dal soggetto interessato → Ad esempio, evitando contestazioni sulla titolarità dell’account.
Non vi siano vincoli di forma previsti dalla legge → Alcuni atti richiedono la forma scritta, che una chat potrebbe non soddisfare.
Nel caso specifico, il giudice ha ritenuto che il consenso fosse stato espresso in modo inequivocabile, impedendo alla ricorrente di invocare un malinteso ex post.
Prospettive future:
- Le assemblee condominiali digitali stanno diventando sempre più comuni: questa ordinanza potrebbe spianare la strada al riconoscimento delle chat come strumento decisionale.
- Il ruolo delle emoji nelle dichiarazioni di volontà merita ulteriore approfondimento: in alcuni Paesi, come Canada e Germania, un semplice *simbolo del pollice in su* è stato interpretato come accettazione contrattuale.
In conclusione, la giurisprudenza sta progressivamente adeguandosi all’uso delle nuove tecnologie, riconoscendo alle chat un ruolo sempre più centrale nei rapporti giuridici, anche in ambito condominiale.