Separazione: addebito a chi tradisce qualora il tradimento sia la sola causa di intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
Il tema dell’addebito della separazione ha una posizione preminente nei giudizi di separazione.
In particolare, al Giudice spetta il compito di stabilire se, effettivamente, il comportamento di uno abbia o meno causato la rottura del rapporto coniugale sino a rendere intollerabile proseguire la convivenza.
I presupposti che il Giudice deve valutare per addebitare la separazione in capo ad uno dei due coniugi sono due:
- la sussistenza di un comportamento volontario e cosciente contrario ai doveri di cui all’art. 143 c.c. (tra cui l’obbligo di fedeltà), quale, tra gli altri, intrattenere una relazione extraconiugale;
- la causa della crisi coniugale deve poter essere imputata unicamente a tale comportamento. Per poter addebitare la separazione al coniuge trasgressore è dunque necessario che la crisi dell’unione coniugale sia riconducibile secondo un nesso di causa-effetto alla violazione di uno degli obblighi di cui all’art.143 c.c.
La parte che richiede l’addebito deve, perciò, provare in giudizio che la violazione di uno dei suddetti obblighi sia stata la sola e unica causa che ha determinato l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza. È invece onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà.
È quanto accaduto in un recente caso portato davanti alla Corte di Cassazione. Nel caso di specie la moglie intrattiene una relazione extraconiugale che dura da diversi anni. La donna ha proposto ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello che accordava l’addebito della separazione alla stessa. In particolare nel ricorso la donna ha affermato che causa della separazione non è stata la relazione extraconiugale, bensì i ripetuti litigi tra i coniugi anche anteriori al comportamento infedele della donna.
La moglie ha, dunque, negato la sussistenza del presupposto che richiede che il tradimento sia la sola causa della crisi coniugale.
La Suprema Corte ha analizzato la questione e, dichiarando l’inammissibilità del ricorso, ha evidenziato che i litigi della coppia non erano di una portata tale da determinare la rottura della relazione. Ha ritenuto invece, come già affermato dai giudici di merito, la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta infedele della moglie e la conseguente intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
Interessante, per completare il quadro, è anche la sentenza della Corte di Cassazione n. 18853 del 2011, nella quale viene riconosciuto l’addebito al coniuge che tradisce l’altro e rende nota la sua relazione extraconiugale, vantandosi. In questo caso all’addebito della separazione e dunque alle conseguenze tipiche del diritto di famiglia possono altresì aggiungersi quelle dell’illecito civile qualora il tradimento sia particolarmente doloroso per chi lo subisce.
Sul punto, prima di una recente inversione di rotta nelle varie Corti, vigeva comunque una giurisprudenza alquanto consolidata: si vedano Corte Appello Palermo, Sez. I, 17 ottobre 2017, n.1866; Tribunale Milano, Sez. IX, 19 giugno 2017, n.6831; Cassazione, Sez. I, 17 gennaio 2017, n.977; Cassazione, Sez. I, 17 gennaio 2014 n. 929.