L’avvocato, quale professionista avente grandi responsabilità, quando agisce, si espone almeno ad un triplice rischio. Infatti, potrebbe compiere azioni che configurino una responsabilità civile, penale o disciplinare.
La prima può configurarsi concretamente in un risarcimento dovuto, molto spesso, al proprio assistito.
Per responsabilità penale, invece, si intende la configurazione di reati (che possono comportare ergastolo, contravvenzioni, multa, arresto o ammenda).
Infine, si definisce responsabilità disciplinare quella “interna” al proprio Ordine di appartenenza, con ripercussioni professionali, lavorative ed economiche.
L’avvocatura, dicevamo, è una professione detta “di mezzo”, non “di fine”. Mentre se io pago un corriere che mi deve trasportare un pacco, questo mi deve risarcire se il pacco non arriva al destinatario, l’avvocato non si obbliga a vincere la causa, e lui non mi deve risarcire in caso di sconfitta.
D’altronde a decidere è sempre un giudice e dunque il legale non può obbligarsi al risultato, che dipende da una terza persona. Analogo discorso lo si fa solitamente anche per i medici. Non è che se il paziente non guarisce allora non si paga il medico, o questo debba risarcire il paziente. L’obbligazione è limitata alla diligenza di svolgimento del mandato, le cure per un dottore, l’assistenza giudiziaria per un avvocato.
L’avvocato deve risarcire il cliente solo se il danno causato a quest’ultimo è provato nel suo nesso di causalità. Per danno la giurisprudenza unitaria ricomprende, ormai da tempo, anche la semplice perdita di chance, quantificata con ragionevolezza, ovviamente.
La scelta tecnica non è censurabile, se ponderata con diligenza.
Per quanto attiene alla responsabilità penale, invece, i reati più comuni di cui può essere ritenuto responsabile un avvocato sono grossomodo i seguenti:
- Patrocinio o consulenza infedele art 380 cp: “Il patrocinatore o il consulente tecnico, che, rendendosi infedele ai suoi doveri professionali, arreca nocumento agli interessi della parte da lui difesa, assistita o rappresentata dinanzi all’Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale”
- Frode processuale art. 347 c.p.: “Chiunque, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d’ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito nella esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone, è punito, qualora il fatto non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, con la reclusione da uno a cinque anni. La stessa disposizione si applica se il fatto è commesso nel corso di un procedimento penale, anche davanti alla Corte penale internazionale, o anteriormente ad esso; ma in tal caso la punibilità è esclusa, se si tratta di reato per cui non si può procedere che in seguito a querela, richiesta o istanza, e questa non è stata presentata. ”
- Intralcio alla giustizia art 377 c.p.: “ Chiunque offre o promette denaro o altra utilità alla persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale ovvero alla persona richiesta di rilasciare dichiarazioni dal difensore nel corso dell’attività investigativa, o alla persona chiamata a svolgere attività di perito, consulente tecnico o interprete, per indurla a commettere i reati previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372 e 373, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alle pene stabilite negli articoli medesimi, ridotte dalla meta’ ai due terzi. La stessa disposizione si applica qualora l’offerta o la promessa sia accettata, ma la falsità non sia commessa. Chiunque usa violenza o minaccia ai fini indicati al primo comma, soggiace, qualora il fine non sia conseguito, alle pene stabilite in ordine ai reati di cui al medesimo primo comma, diminuite in misura non eccedente un terzo. Le pene previste ai commi primo e terzo sono aumentate se concorrono le condizioni di cui all’articolo 339. La condanna importa l’interdizione dai pubblici uffici.”
- Favoreggiamento personale art. 378 c.p.: “ Chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce la pena di morte o l’ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, comprese quelle svolte da organi della Corte penale internazionale, o a sottrarsi alle ricerche effettuate dai medesimi soggetti, e’ punito con la reclusione fino a quattro anni. Quando il delitto commesso e’ quello previsto dall’articolo 416-bis, si applica, in ogni caso, la pena della reclusione non inferiore a due anni. Se si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa, ovvero di contravvenzioni, la pena e’ della multa fino a lire cinquemila. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando la persona aiutata non e’ imputabile o risulta che non ha commesso il delitto.”