Spese universitarie e assegno di mantenimento mensile (Corte di Cassazione, ordinanza n. 379/2021)

in Diritto di Famiglia

A differenza di quanto si potrebbe pensare i problemi conseguenti alla separazione di due genitori non cessano o si affievoliscono con il raggiungimento della maggiore età dei figli: semplicemente cambiano.

Una problematica ricorrente a livello giuridico è quella presente nelle famiglie in cui la prole intraprende un percorso universitario. Il quesito che si pone in questi casi riguarda le spese universitarie: ci si chiede se queste debbano essere considerate spese ordinarie o spese straordinarie. Con riferimento a queste, in più occasioni la Cassazione si è trovata a dover statuire in materia e la questione è sempre stata piuttosto controversa.

Prima di addentrarci nel discorso ed esaminare sommariamente alcune sentenze e casi concreti in materia, pare opportuno specificare cosa si intende per le une e per le altre.

Per spese ordinarie si intendono quelle caratterizzate da certezza e prevedibilità e che hanno l’effetto di integrare l’assegno di mantenimento forfettizzato dal giudice o determinato consensualmente dai genitori. Per spese straordinarie si intendono, invece, quelle imprevedibili e rilevanti nell’ammontare.

La giurisprudenza meno recente (Cass. Civ. sentenza n. 8153/2006) considera le spese universitarie ‘straordinarie’ e di conseguenza non tali da giustificare un aumento dell’assegno di manteniemento.

Di recente, al contrario, le Corti si mostrano piuttosto costanti nel concepire queste spese come ‘ordinarie’ e nell’includerle nell’assegno di mantenimento mensile. Il diritto allo studio, infatti, sancito dalla nostra Costituzione all’art. 30 stabilisce che “è dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio”.  Il diritto allo studio, compreso quello in sede universitaria, non può dunque essere considerato come qualcosa di imprevedibile o di eccezionale.  Il pagamento delle spese universitarie dei figli, pertanto, è strumentale all’attuazione del diritto allo studioe stando a quanto afferma una sentenza del 2018[1] della Corte di Cassazione, se il figlio decide di intraprendere un percorso universitario, l’assegno di mantenimento dovrà essere maggiorato.

La più recente ordinanza della Cassazione (n. 379/2021) ha confermato che frequentare un ateneo rientra nell’ordinario regime di vita di un figlio e che ciò che è legato all’istruzione universitaria dei figli deve essere considerato prevedibile e dunque rientrante nelle spese ordinarie. In particolare, la Corte ha stabilito che “le tasse universitarie, rette di collegio e libri di studio, posto che per uno studente universitario corrispondono a bisogni ordinari ed attuali che non hanno carattere di eccezionalità o imprevedibilità, essendo anche nel caso di specie quantificabili in anticipo”.[2]

Il genitore non affidatario, dunque, è tenuto a versare mensilmente l’assegno di mantenimento comprendente le spese ordinarie e le spese universitarie del figlio.

L’ordinanza del 2021 della Cassazione ha altresì specificato la questione anche in relazione alle spese di residenza universitaria, da considerare anch’esse quali spese ordinarie. La questione relativa alla retta di collegio non è stata pacifica fino all’ordinanza de qua: per l’appunto nel 2016 la Cassazione civile, con l’ordinanza n. 439[3], non aveva ritenuto legittimo aumentare l’assegno di mantenimento ordinario in virtù della spese di residenza universitaria. In tal caso il costo era stato considerato ‘non necessariamente essenziale’.

Dunque, se prima era necessario accordarsi preventivamente con il genitore non affidatario circa le spese di residenza universitaria, a partire dall’ordinanza de qua anche queste ultime sono considerate prive del carattere di imprevedibilità ed eccezionalità e quindi ‘ordinarie’.


[1] Cass. civ. sentenza n. 21726/2018.

[2] Cass. Civ., ord. n. 379/2021, 4.1.

[3] Cass. Civ. ord. n. 439/2016.