Sembra impossibile in questi tempi di proibizioni, quarantene e distanziamento sociale, ma c’è gente che porta avanti cause per il disturbo della quieta pubblica contro esercizi chiusi da mesi, citando anche il Comune. E cosa ancora più incredibile ci sono giudici che gli danno ragione.
È successo a Torino, ove il Tribunale ha condannato il Comune a risarcire i cittadini ricorrenti che hanno lamentato il disturbo della quiete pubblica ad una serie di attività che hanno animato, con tanto di musica, giovani e drik, alcune vie della città che fino a pochi anni prima erano destinate ad ospitare soprattutto tranquille zone residenziali.
All’inizio ha aperto un ristorante e un pub, poi è stata la volta di un wine and cocktail bar, enoteche, streed food, piccoli market aperti 24 ore su 24, poi clienti all’aperto, musica, alcool…
I residenti non ne hanno voluto più sapere.
Accertato dall’ARPAL che i livelli di inquinamento acustico nella zona erano stati superati ampiamente in diverse sere alla settimana, la polizia municipale era intervenuta ripetute volte, sanzionando i trasgressori, alcuni locali erano addirittura stati chiusi per brevi periodi su provvedimento del questore. Ma questi interventi non sono basati a placare la voglia di incontrarsi e divertirsi dei più giovani, che hanno continuato a incontrarsi e fare capannello nei pressi dei locali, tanto che i residenti della zona hanno deciso di ricorrere al giudice non solo lamentando il mancato rispetto dei propri diritti costituzionale (salute, inviolabilità del domicilio, godimento della proprietà…), ma anche citando direttamente il Comune, in quanto ente preposto al controllo della normativa, secondo la Legge sull’inquinamento acustico 447/1995.
Su queste basi il Tribunale di Torino, con la sentenza n. 1216/2021, in pieno lockdown, ha giudicato responsabile il Comune ai sensi dell’art. 844 c.c. “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.”
Ci eravamo detti che qualcosa sarebbe cambiato finita la pandemia, che questa mancanza di vita ci avrebbe fatto diventare più comprensivi, più positivi, più malinconici rispetto a quello che ci ha impedito di goderci la vita in questo interminabile momento. Così non sembra proprio.
Per la cronaca: il Comune è stato condannato a pagare 42.000€, al netto delle spese legali, a ciascun signore ricorrente disturbato dagli schiamazzi, soldi ovviamente dei contribuenti…