Pratica piuttosto diffusa, soprattutto in passato, era quella di acquistare diamanti, come investimento, e di conseguenza, il venditore era sempre la banca. Ancora oggi è possibile, recandosi ad un qualsiasi istituto di credito, informarsi sul valore dei diamanti, acquistare una certo peso, e “scommettere” su una crescita del loro valore, come forma di investimento, con l’obbiettivo di rivenderli ad un prezzo maggiorato rispetto a quello dell’acquisto.
Ma se la prima a mettere in pratica questo “giochetto” fosse proprio la banca? Cioè, se fosse proprio la banca a venderci i diamanti ad un prezzo più alto rispetto al loro reale valore di mercato?
Da un’importante sentenza del Tribunale di Lucca (n. 4/2020) risulta, ingrandendo le fila di una giurisprudenza sempre più consolidata in tale senso, configurare specifiche responsabilità in capo alla Banca in caso di trattative aventi ad oggetto pietre preziose.
Secondo il giudice, infatti, gli istituti di credito hanno prima di tutto l’obbligo di vendere al cliente le pietre preziose con un piccolo margine di profitto sul valore di mercato, in maniera da rendere il prezzo pagato dall’acquirente “conforme” al valore delle pietre.
La banca, inoltre, ha il dovere di segnalare, in maniera realistica, le oscillazioni di mercato, l’andamento precedente e segnalare eventuali periodi di calo del valore del prodotto che cerca di vendere.
La responsabilità che si configura è di tipo precontrattuale e l’onere che grava sulla banca è quello di corretta informazione e lealtà tra parti contrattuali.