Se un bene in comproprietà fosse utilizzato solo da uno dei comproprietari, l’interpretazione data dalla giurisprudenza all’art. 1102 c.c. è quella che gli esclusi abbiano dritto al pagamento di un indennizzo proporzionato alla loro porzione di proprietà.
Infatti la norma prevede che : “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare, a proprie spese, le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.”
In forza di tale principio, che impone il libero godimento di tutti i comproprietari aventi diritto sul bene in comunione, la giurisprudenza, ove questo eguale diritto non sia garantibile in ragione della natura della cosa, riconosce un ristoro economico al comproprietario che ne venisse escluso.
Riferendoci ad un esempio pratico: due fratelli accettano l’eredità lasciatagli dai genitori, che è costituita da un unico appartamento. Ovviamente l’utilizzo dell’abitazione a favore di uno dei due fratelli, e della sua famiglia, può, di fatto, escludere l’eguale diritto di utilizzo del bene in comproprietà verso l’altro fratello (per ragione di intimità, spazi ecc.) seppur questo gli sia astrattamente garantito dalla disposizione ex 1102 c.c..
Il fratello escluso, a compensazione di tale “danno” potrebbe richiedere canoni di affitto all’altro fratello, quantificabili in considerazione alle quote di sua proprietà rapportate al prezzo dei canoni di affitto a pari condizioni di mercato.
Immaginiamo che i fratelli siano titolari, ciascuno, del 50% delle quote dell’immobile. Il fratello che non gode del bene in comune, può chiedere un indennizzo, pari alla metà di un canone di locazione che si pagherebbe secondo le regola di mercato di quella zona per appartamenti della medesima tipologia.
Di questo parere un costante orientamento giurisprudenziale: “In materia di comunione, il comproprietario di un bene fruttifero che ne abbia goduto per l’intero senza un titolo giustificativo deve corrispondere agli altri, quale ristoro per la privazione dell’utilizzazione pro quota del bene comune, i frutti civili, che, identificandosi con il corrispettivo del godimento dell’immobile che si sarebbe potuto concedere a terzi secondo i correnti prezzi di mercato, possono essere individuati, solo in mancanza di altri più idonei criteri di valutazione, nei canoni di locazione percepibili per l’immobile. ” (Cass. 20394/2013, ma vedersi anche 5156/2012, 5504/2012, 20394/2013).
Inoltre, se uno dei due comproprietari stesse godendo in modo esclusivo del bene soggetto a comproprietà, senza versare congruo indennizzo ai comproprietari esclusi, questi avrebbero tempo 10 anni prima di veder prescritto il loro diritto di richiedere i congrui indennizzi di cui sopra. Lo specifica la Legge 865/1971, che fa partire il computo di prescrizione ordinaria decennale dal termine del primo anno in cui si avrebbe avuto diritto a ottenere tali indennizzi proporzionati ai canoni mensili.