Spesso capita che un genitore desideri offrire una certa somma al figlio. I fini di tale operazione possono essere molto vari, si pensi a un finanziamento per un’impresa nascente, per sorreggere un mutuo sulla prima casa, o anche semplicemente per la tranquillità dello stesso figlio, in un tempo in cui il lavoro per i giovani (e anche meno giovani) risulta sempre più precario.
Ognuno è libero di gestire il proprio patrimonio come meglio crede, compresa la possibilità di sottoscrivere contratti in pieno spirito di liberalità. Infatti anche la donazione è un vero e proprio contratto, che può essere legittimamente rifiutato. L’art. 769 c.c. infatti dispone che: “La donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.” Sempre seguendo i dettami del codice civile, all’art. 782, è regolata la forma che deve avere una donazione: “La donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità. Se ha per oggetto cose mobili, essa non è valida che per quelle specificate con indicazione del loro valore nell’atto medesimo della donazione, ovvero in una nota a parte sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio. L’accettazione può essere fatta nell’atto stesso o con atto pubblico posteriore. In questo caso la donazione non è perfetta se non dal momento in cui l’atto di accettazione è notificato al donante. Prima che la donazione sia perfetta, tanto il donante quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione.”
Quindi, salvo quando la donazione è di modico valore, ex art. 783 c.c., la forma deve essere quella dell’atto pubblico a pena di nullità, con accettazione espressa del donatario .
Gli interventi disposti dall’Autorità possono essere duplici: possono ottemperare a un profilo fiscale (controllare che la donazione non sia un mezzo di evasione ) o civile (tutelare gli altri parenti che, in sede successoria, potrebbero impugnare l’atto di donazione, laddove violasse la loro quota di legittima).
Per ottemperare all’onere fiscale, il donatario, e non il donante, deve pagare un’imposta sulla donazione. In realtà la franchigia è molto alta e se tale imposta, nel caso di donazioni a perenti in linea retta, come i figli, o al coniuge è del 4% del totale della somma donata, la franchigia è molto alta, pari a un milione di euro (sotto tale soglia la donazione non va nemmeno dichiarata al fisco).
Per quanto riguarda i mezzi con il quale disporre il trasferimento, si ricorda che il limite del contante è pari a 2.999,99 €, quindi in caso di donazione di una cifra superiore, sarà necessario un mezzo tracciabile, come un assegno o un bonifico.
Per quanto attiene al profilo civilistico, che tutela il donatario da eventuali e future impugnazioni di coeredi, che possono pretendere la restituzione della cifra donata, l’unico modo per evitare di andare da un notaio, pagandone la parcella, trovare due testimoni e pagare anche l’imposta di registro, è quella in cui la donazione sia di modico valore. Per accertare se un bene rispetta il canone del modico valore bisogna considerare il valore oggettivo della donazione paragonandola alla capacità economica del donante (non deve incidere in modo apprezzabile sul suo patrimonio). Compiere molteplici donazioni ravvicinate, pur se ciascuna di queste rispetta il canone del modico valore, non esclude la considerazione dell’operazione complessiva, che potrebbe quindi non rientrare nel modico valore.