Questa l’interessante affermazione che proviene dalla Procura della Repubblica di Roma, che ha richiesto l’archiviazione al giudice delle indagini preliminari per una querela esposta per diffamazione conseguente ad alcuni insulti contenuti nei commenti sotto una fotografia postata nel popolare social network Instagram.
Il caso riguardava due noti personaggi del panorama internazionale, in atteggiamenti quantomeno discutibili. Festeggiavano il compleanno di uno di loro in un supermercato, che sponsorizzava l’evento, ma, rapidamente, la festa degenerava nel lancio di prodotti, spreco di beni e danneggiamenti vari, tutti risarciti dai loro autori.
Quest’ultimo gesto, tuttavia, non ha placato le polemiche sulle immagini della festa postate sui social, che sono state commentate con insulti, minacce e offese.
È il già noto caso degli haters, dei leoni da tastiera, quei soggetti che, protetti dall’anonimato garantito dalla rete, approfittano per insultare, diffamare e screditare la reputazione di chi prendono a bersaglio.
Un utente, in particolare aveva definito i due protagonisti nel caso de quo “Idioti palloni gonfiati, irrispettosi della vita delle persone e degli animali.” Tale soggetto, identificato dalle indagini della Polizia Postale, veniva di conseguenza querelato per diffamazione.
Il PM chiamato a gestire l’accusa nel processo che si sarebbe dovuto tenere, tuttavia, in considerazione dei fatti, non riteneva essersi configurato alcun reato, affermando “Sui social accade che un numero illimitato di persone, appartenenti a tutte le classi sociali e livelli culturali, senta a necessità immediata di sfogare la propria rabbia e frustrazione scrivendo fuori da qualsiasi controllo qualunque cosa, anche con termini scurrili, denigratori, ecc., che in astratto possono integrare il reato di diffamazione, ma che in concreto sono privi di offensività pocihé proprio il contesto dei social in genere, frequentato dai soggetti più disparati, priva dell’autorevolezza tipica delle testate giornalistiche tutti gli scritti postati su internet, tanto che la generalità degli utenti non dà peso alle notizie che legge”.
Il Pubblico Ministero, quindi, distingue tra sfogo e diffamazione vera e propria, in quanto il primo non è idoneo a causare un nocumento alla reputazione altrui, proprio perché la piattaforma sulla quale è scritto (i social network) è piena di tali affermazioni ingiuriose tali da renderle tutte poco rilevanti e quindi poco denigratorie.
I legali della coppia hanno invece parlato di pericoloso antecedente che potrebbe fungere da semaforo verde per tutti i calunniatori su internet.
Il rapporto tra virtuale e reale, ancora una volta si dimostra molto difficile anche per la sua trattazione giuridica.