Per i non addetti ai lavori può essere difficile orientarsi tra i vari istituti predisposti dal nostro legislatore per la tutela dei soggetti che non sono più in grado di badare a se stessi.
Stiamo parlando, segnatamente, dei soggetti che non siano più in grado di intendere e volere. Basti pensare, per esempio, all’anziano membro della famiglia che sia affetto da demenza senile: come si può fare per tutelarlo e tutelare il suo patrimonio?
Cominciamo dall’analisi della figura dell’interdizione. Questa è prevista agli art 414 c.c. e ss. ed è predisposta per maggiorenni e minorenni emancipati che si trovino in condizione di abituale infermità di mente, tale da essere del tutto incapaci di provvedere a se stessi. In questi casi tali soggetti vengono iscritti in uno specifico registro pubblico (che ha la funzione di rendere noto quali siano i soggetti che non hanno alcuna capacità legale, di conseguenza eventuali atti da loro compiuti sono annullabili). Ad ognuno di essi viene affidato un tutore, che provvede alla cura dei loro interessi. Lo status dell’interdetto è analogo a quello del minore. Il giudice tutelare dovrà scegliere sempre un soggetto che ritenga idoneo all’ufficio, di ineccepibile condotta (art. 348 c.c.). Il tutore dovrà quindi prestare il relativo giuramento.
Il limite principale dell’istituto dell’interdizione è sicuramente la sua rigidità: il soggetto interdetto perde ogni possibilità di rimanere compreso come parte attiva in una società, perché il legislatore, intuendo che la stessa potrebbe ingannarlo e approfittarsi di lui, ha preferito estrarlo, al fine stesso di renderne possibili la protezione.
Altra figura è quella dell’inabilitazione. L’istituto, previsto agli art. 415 e ss, è riservato ai maggiorenni che seppur infermi di mente, non sono connotati da una infermità tanto grave da causarne l’interdizione. Si tratta, ad esempio, di soggetti affetti da sordomutismo, cecità, alcolismo, tossicodipendenza, prodigalità tanto gravi da porre la propria famiglia in pericolo di subire gravi pregiudizi economici. Anche gli inabilitati vengono equiparati ai minorenni (nello specifico ai minorenni emancipati, a sottolineare la maggiore capacità rispetto agli interdetti), e anche loro hanno bisogno di un una figura analoga a quella del tutore che viene detta, nel caso specifico, curatore. Mentre l’infermità che porta all’interdizione è generale, così come è assoluta l’astrazione dell’interdetto dalla società, come si è detto, l’inabilitazione è causata da un infermità specifica e settoriale, così come specifica sarà la sua incapacità giuridica. Di conseguenza, mentre l’interdetto perde la capacità che ha acquistato con la maggiore età, per quanto riguarda l’inabilitato sarà il giudice a dover valutare in maniera discrezionale l’opportunità del provvedimento, e, in particolare, la forma più adatta per la sua tutela, limitandone la capacità di agire. In generale si può affermare correttamente che l’inabilitato può compiere gli atti di ordinaria amministrazione mentre gli sono preclusi quelli di straordinaria amministrazione, per i quali è necessaria l’autorizzazione del curatore e del Tribunale tutelare. Gli atti compiuti senza le autorizzazioni necessarie sono annullabili.
Anche l’interdizione, come si vede, risulta essere piuttosto rigida e fortemente limitante per l’inabilitato.
L’ultima figura che andremo ad esporre sarà quella dell’amministrazione di sostegno, introdotta dell’art. 3 della L.6/2004, inserita nel nostro codice civile agli artt. 404 e ss.
L’innovativo istituto si applica nel caso in cui una persona sia, a seguito di infermità o menomazione fisica o psichica, impossibilitata, anche solo temporaneamente o parzialmente, a provvedere ai propri interessi, prevedendo la possibilità di essere assistita da un amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare. Il giudice stesso, inoltre, nel decreto di nomina inserirà l’oggetto dell’incarico di cui sarà gravato l’amministratore e gli atti che lo stesso ha il dovere di compiere in nome e per conto dell’amministrato. Per tutti gli atti che non sono previsti nel decreto di nomina, rimane competente in via esclusiva lo stesso amministrato, che quindi mantiene un’ampia e variabile capacità di agire. Infatti, il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno può essere modificato dal giudice ogni qualvolta questi ritenga variata l’infermità dell’amministrato e, di conseguenza, la sua capacità giuridica.
Proprio l’elasticità assoluta dell’istituto dell’amministrazione di sostegno ne ha decretato il sostanziale successo, senza che sia limitante come l’interdizione o l’inabilitazione per il beneficiario. L’amministrazione, infatti, può essere temporanea, parziale, può estendersi o ridursi, può essere limitata ad un singolo atto patrimoniale o ad una serie di atti connessi o essere, invece, molto più pervasiva nella vita del beneficiario, a seconda delle sue condizioni psicofisiche, e può anche variare a seconda di eventuali variazioni di tale stato.