Il reato di circonvenzione d’incapace, previsto all’articolo 643 c.p., cita testualmente: Chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d’infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 206 a euro 2.065.
Del reato è chiamato a rispondere anche l’amministratore di sostegno che tenti di indurre il suo amministrato a redigere testamento in favore di un suo congiunto o di un suo famigliare. Il reato, infatti, è volto alla tutela dei soggetti totalmente o parzialmente incapaci, ma anche ai soggetti che, seppur capaci di intendere e volere, possano in concreto venirsi a trovare in situazioni tali da veder diminuita la propria capacità di autodeterminazione. E’ questa la conclusione a cui è pervenuto il Tribunale di Genova, sentenza 907/2019, confermando, peraltro, una giurisprudenza in materia che può dirsi assolutamente consolidata.
Nello specifico la vicenda trattava il caso di un anziano proprietario di un ricco patrimonio, composto da un fondo di 800.000 €, oltre che da 10 appartamenti. Il soggetto, sprovvisto di stretti congiunti, fu affidato dal tribunale al suo amministratore di condominio, che già da tempo amministrava per suo conto i numerosi appartamenti di sua proprietà.
Il problema sorse quando l’amministratore di condominio, nonché amministratore di sostegno dell’anziano, lo accompagnò dal notaio, sostenendo la volontà del suo amministrato di voler intestare metà del suo patrimonio alla compagna del figlio dell’amministratore stesso.
Il notaio, tuttavia, insospettito dallo stato confusionale in cui versava l’anziano al momento della sottoscrizione del testamento, ha denunciato l’amministratore.
Il tribunale lo ha riconosciuto colpevole nonostante le difese dell’imputato, che sosteneva come il reato di cui era stato accusato non sarebbe stato configurabile in quanto l’amministrato era assolutamente capace di intendere e volere; l’amministrazione di cui lui era responsabile era infatti limitata alla gestione del patrimonio immobiliare, che, per ragione della sua vastità, si rivelava particolarmente difficile da gestire per qualunque uomo medio.
Il Tribunale di Genova, tuttavia, nel condannare l’imputato, ribaltava completamente la sua linea difensiva, sostenendo che il reato ex art. 643 c.p. fosse perfettamente configurabile al caso de quo, in quanto tale reato è da considerarsi integrato quando esiste uno stato di assoggettabilità nella vittima, che non è prospettabile solo nel caso di conclamata incapacità di intendere e volere, ma anche in tutti quei casi nei quali sussista un semplice deficienza “tale da renderli particolarmente assoggettabili alle pressioni, agli stimoli ed agli impulsi che altri esercitino su di loro, e per ciò siano facilmente determinabili e coscientemente indotti al compimento di atti per loro stessi o per altri pregiudizievoli.” (Trib. Genova 907/2019)