Reclamo ex 708 c.p.c. comma 4 e coordinamento con il potere di revoca/ modifica del giudice istruttore ex l’art 709 c.p.c comma 4

in Diritto di Famiglia

Reclamo ex 708 c.p.c. comma 4 e coordinamento con il potere di revoca/ modifica del giudice istruttore ex l’art 709 c.p.c comma 4

I due mezzi di gravame hanno fini e ratio distinte. In particolare il reclamo ha lo scopo di permettere una rivisitazione, re melius perpensa, del provvedimento presidenziale sulla base degli atti già esaminati, mentre la richiesta di revoca o modifica al giudice istruttore ha invece lo scopo di adeguare i provvedimenti emessi a nuove emergenze processuali.
La giurisprudenza ha dimostrato un evidente rigore in sede di reclamo; è principio consolidato quello per cui, con tale mezzo, possono essere dedotti solo gli errori decisionali palesi e frutto di una non corretta valutazione dei documenti di massima acquisiti nella fase iniziale del procedimento. Ciò significa che non è ammissibile proporre reclamo per censurare la discrezionalità del Presidente su profili che ben potranno essere corretti nel corso dell’istruttoria. In particolare la giurisprudenza ha sostenuto uniformemente che, ove la parte lamenti errori di valutazione da parte del Presidente sui fatti portati alla sua conoscenza dovrà proporre reclamo avanti alla Corte d’appello. Qualora invece affermi l’esistenza di circostanze sopravvenute o anche di fatti preesistenti di cui, però si sia acquisita conoscenza successivamente, dovrà richiedere al giudice istruttore la revoca o la modifica del provvedimento. Secondo un certo orientamento, inoltre, poiché i provvedimenti che la Corte d’appello può adottare in sede di reclamo ex art. 708 comma 4, hanno gli stessi requisiti di precarietà ed approssimatività delle misure presidenziali reclamate, la decisione della Corte si giustifica solo in quanto, precedendo l’udienza di comparizione e trattazione davanti al giudice istruttore, abbia un apprezzabile margine temporale di applicazione (vedersi App. Firenze 09/04/2010)
Il reclamo rappresenta una tutela ulteriore ed aggiuntiva rispetto a quella di proporre istanza di revoca o modifica, finalizzata unicamente a far valere profili di erroneità dell’ordinanza. É possibile utilizzare il reclamo nei casi di incongruità di valutazioni del Presidente sui fatti portati alla sua conoscenza, richiedendo modifiche, in pendenza di giudizio, del provvedimento presidenziale al giudice istruttore.
Inoltre si deve escludere che il giudice istruttore possa revocare e modificare i provvedimenti presidenziali durante la pendenza del termine del reclamo e durante la pendenza del relativo giudizio, se non in presenza di circostanze sopravvenute. Le esigenze connesse al provvedimento in questione, soprattutto in presenza di circostanze nuove, e il fatto che nessuna norma prevede una sospensione del potere del giudice istruttore in pendenza di reclamo, consigliano di individuare nell’istruttore stesso, e non nella Corte di appello, il giudice competente ad intervenire sui provvedimenti durante lo scorrere del termine per il reclamo.
Per la giurisprudenza ampiamente maggioritaria e per univoca dottrina i due procedimenti in analisi sono alternativi e concorrenti (vedersi Trib Arezzo del 05/06/2009, Corte di Appello Torino del 10/12/2013).
Il termine per proporre il reclamo è il decimo giorno dalla notificazione del provvedimento, non dovendo intendendosi per tale la mera comunicazione della cancelleria che porta a conoscenza delle parti il provvedimento reso dal Presidente.
La giurisprudenza ha peraltro ritenuto di individuare ulteriori termini impliciti di proponibilità del gravame. In particolare, si è ritenuto inammissibile il reclamo quando la relativa domanda sia stata già avanzata davanti al giudice istruttore nella memoria integrativa o nella comparsa di costituzione e risposta, sempre considerando l’alternatività dei due strumenti.
Il reclamo deve contenere i motivi di doglianze avverso il provvedimento presidenziale, nonché le conclusioni rassegnate dalla Corte.
Rimane da evidenziare che per taluna dottrina la revoca o la modifica, ex art 709 c.p.c. comma 4, del provvedimento relativo alla prole emesso dalla Corte d’appello possa avvenire liberamente, ossia anche in base ad una mera nuova rivalutazione dell’interesse del minore. Tali Autori basano le loro considerazioni sul fatto che i provvedimenti sui figli, una volta concluso il processo di separazione, possono essere oggetto di un’istanza di revoca (o di modifica) senza che sia necessario addurre alcuna novità. Per tali motivi non si vede quale ragione potrebbe esservi per imporre un regime più restrittivo riguardo al potere di intervento del giudice istruttore sui provvedimenti presidenziali già oggetto di reclamo.
A conclusione di tali argomentazioni pare utile riassumere per sommi capi quanto attiene alla fase processuale inerente gli art 708 comma 4 c.p.c e l’art 709 comma 4 cpc:
• la pendenza del reclamo impedisce la proponibilità dell’istanza di revoca o di modifica al Giudice Istruttore;
• durante il decorso del termine per il reclamo le parti possono avvalersi, a loro scelta, dello speciale reclamo alla Corte d’Appello o dell’istanza di revoca o di modifica al giudice istruttore;
• una volta che il giudice istruttore ha revocato, modificato o confermato il provvedimento presidenziale, quest’ultimo non è più reclamabile, ma solo modificabile dallo stesso Giudice;
• se nell’arco di tempo compreso tra il deposito della domanda di revoca o di modificazione e la decisione su di essa, è proposto reclamo quest’ultimo prevale con la conseguenza che il giudice istruttore deve rigettare l’istanza che potrà essere ripresentata solo una volta esaurita la fase di gravame;
• nel caso in cui la parte decida di non avvalersi del reclamo, la successiva (eventuale) istanza di modifica o revoca del provvedimento presidenziale non si deve fondare necessariamente sulla deduzione di circostanze sopravvenute ma potenzialmente anche su profili di legittimità e/o di merito.

Bibliografia

• A. CAGNAZZO, F. PREITE, V. TAGLIAFERRI Il nuovo diritto di famiglia profili sostanziali, processuali e notarili. Vol II. Milano, 2015, Giuffrè, p. 372-375.
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